OH, CHE BEL CASTELLO (DI CHIACCHIERE??)

Qualche sera fa, navigando sul web, mi sono imbattuto nel “Manifesto per un soggetto politico nuovo e per un’altra politica nelle forme e nelle passioni”, che porta il titolo “Non c’è più tempo”.

Vedi il manifesto completo qui: http://www.democraziakmzero.org/2012/03/29/non-ce-piu-tempo-2/

Mentre leggevo, immaginavo che il testo rispondesse alle mie domande. Ho quindi preparato un’ipotetica intervista, che presento di seguito. Naturalmente, non ho messo penna sul testo e, quando ho saltato alcune parti, ho segnalato con i puntini, come dovuto.

 

INTERVISTA FANTASTICA A

 Non c’è più tempo:

Manifesto per un soggetto politico nuovo e per

un’altra politica nelle forme e nelle passioni”

di Giacomo Del Bino, portavoce del M5S (Movimento 5 stelle) di Pistoia.

NB

Normale: stralci del Manifesto.

In neretto: miei interventi.

 

 

 Un nuovo movimento, dunque…

 In tutto il mondo della democrazia rappresentativa i partiti politici sono guardati con crescente sfiducia, disprezzo, perfino rabbia.

 Ah, non lo sapevo…

 È crescente l’impressione che i nostri rappresentanti rappresentino solo se stessi, i loro interessi, i loro amici e parenti.

 Ma senti…

In reazione a tutto questo è maturata da tempo, anche troppo, la necessità di una politica radicalmente diversa.

 Mi si apre un mondo!!!

Bisogna riscrivere le regole della democrazia, aprirne le porte, abolire la concentrazione del potere ed i privilegi dei rappresentanti, cambiarne le istituzioni”.

Ma lo sapete che il MoVimento 5 Stelle sta facendo una petizione per abolire i privilegi della casta?

Si chiama “0 privilegi” e niente niente ognuno di noi decidesse di perderci un minuto, sarebbe fatta!

Non importa.

Come non importa?

Non importa.

Ah, va beh…

 E allo stesso tempo bisogna inventare un soggetto nuovo che sia in grado di esprimersi con forza nella sfera pubblica e di raccogliere questo bisogno di una nuova partenza.

 Un soggetto nuovo? Un altro… azz… Ma è un partito politico?

 I due livelli – la democratizzazione della vita pubblica del paese e la fondazione, anche a livello europeo,

 Ambizioni europee…

 di un soggetto collettivo nuovo,

 Ah, è un soggetto collettivo…

 si intersecano e ci accompagnano in tutto il manifesto. Le nostre sono grandi ambizioni (…)

Oggi le decisioni sono sempre prese altrove (…) Bisogna innescare un processo opposto che destituisca, decostruisca, ceda, decentri, abbassi, distribuisca, diffonda il potere.

Ma…?

 Bisogna riaffermare la validità della dimensione territoriale locale (ma non’ localistica’),

Ma…?

 espandendo tutti quegli spazi in cui il governo e il cittadino sono vicini l’uno all’altro. Il comune è uno di questi.

Ma…? Ambizioni Europee o decentramento del potere? O tutt’e due? Ma è da dissociati mentali! E i soldi? Chi ve li dà? Comunque, noi siamo più umili, partiamo proprio dal basso, dai Comuni, qualche regione e poi vedremo. Voi, che non siete ancora nati, avete ambizioni di tutti i tipi. Non male!

 La Rete dei comuni per i beni comuni punta in questa direzione, verso una valorizzazione profonda dei beni comuni e dei diritti fondamentali ad essi collegati.

Ma guarda, se non vi conoscessi, direi che ci avete copiato :))

E punta anche ad agire dal basso verso l’alto, costituendo una sede congeniale per proposte da sottoporre alla Commissione Europea ai sensi del Trattato di Lisbona e del reg. Ue 211/2001. Si pensi, per esempio, al progetto di una “Carta Europea dei Beni Comuni”, così come deliberato dal Comune di Napoli, mediante la quale inserire la nozione di bene comune tra i valori fondanti dell’Unione e fronteggiare la dimensione puramente mercantile (market oriented) del diritto comunitario.

Wow

In questo modo il potere locale riesce ad aggregarsi, a contare a livello nazionale, a diventare forza anche transnazionale ma sempre quale attuazione di un indirizzo politico espresso dal basso e soprattutto dalla cittadinanza attiva. Non basta. Il comune è un’istituzione costituzionale, non un’aggregazione di una certa tendenza politica. Un soggetto politico nuovo dovrebbe impegnarsi su tanti terreni, sia dentro le istituzioni che fuori, cercando sempre di coniugare fra di loro livelli diversi della democrazia: quella rappresentativa, quella partecipativa e quella di prossimità. In prima istanza esso dovrebbe interagire con le forze e movimenti della società civile. Essi agiscono per una grande varietà di motivi – in nome dell’ambiente, in difesa dei diritti dei lavoratori, per la legalità e contro la criminalità organizzata, per la dignità e la parità delle donne – in un mondo (e un mondo di lavoro) ancora profondamente patriarcali. Nel rapporto tra i generi l’eguaglianza non può limitarsi alle “pari opportunità” cioè ad accomodamenti (pur necessari) dentro un sistema che resta immutabile, ma diviene un processo in grado di sovvertire l’esistente. Chi vive una situazione di ineguaglianza non può limitarsi a voler essere uguale a chi si ritiene superiore o più potente, al contrario aspira al superamento dei vecchi modelli.

Ah…

(…) La democrazia rappresentativa ha bisogno, dunque, sia di una sua riforma interna in senso proporzionale, sia di essere arricchita da nuove forme di democrazia partecipativa.

Ciò che vale per il sistema politico nazionale è ancora più vero per i partiti in cui la democrazia ha sempre fatto fatica ad imporsi. La teoria che sottende ai cambiamenti deve essere resa esplicita: il sistema rappresentativo è l’unico che garantisce la partecipazione di tutti i cittadini in condizioni di voto segreto. Esso gioca di conseguenza un ruolo insostituibile. Ma per affrontare l’attuale crisi deve essere associato alla democrazia partecipativa E il punto cruciale riguardante il rapporto tra i due risiede nel fatto che l’attività costante della partecipazione alimenta e garantisce, stimola e controlla la qualità della rappresentanza e la qualità della politica pubblica.

Capito

(…) Tra i cittadini è cresciuto il desiderio di riappropriarsi di ciò che è comune, non solo beni ma anche processi. La democrazia si allarga e diventa più inclusiva: delle nuove forme di partecipazione dei cittadini, della gestione dei beni comuni, della società civile che interagisce, in piena autonomia, con una sfera politica che si apre alla cittadinanza invece di chiudersi come un riccio.

Capito

Processi di questo tipo cambierebbero in positivo anche il delicato rapporto tra privato e pubblico. Nei decenni del neoliberismo abbiamo assistito al trionfo del privato, declinato in vari modi: consumismo, chiusura nell’interesse personale, familismo, evasione fiscale; ma anche, sul versante opposto, solitudine, frammentazione, esclusione. Sarebbe ora di riattivare e riapplicare quella rivoluzionaria intuizione del movimento delle donne degli anni ’60 e ’70: ‘il personale è politico’. Le persone, uomini e donne, devono riflettere sul loro “privato” – i loro valori, consumi, strategie individuali e familiari.

Capito

Questa riflessione ha rilevanza per lo spazio pubblico di più grande emergenza – l’ambiente. (…)

E’ il nostro cavallo di battaglia 🙂

Troppe volte la “partecipazione”, come viene praticata dai partiti ansiosi di dimostrare la loro disponibilità e la loro “modernità”, ha assunto il volto dello “sfogatoio”, con assemblee caratterizzate da un confusionismo generale. Occorre invece uscire da questa mistificazione della sovranità popolare, e allo stesso tempo destrutturare una sovranità popolare totalmente fondata sulla delega. Occorre trasformare il livello prepolitico della partecipazione in diritto alla democrazia. Possiamo infatti mutuare i principi della Convenzione europea di Aarhus – legge dello Stato a partire dal 2001. La Convenzione, attraverso l’istituto della partecipazione, riduce la discrezionalità delle scelte politico-amministrative, obbligando le istituzioni a prendere in considerazione le istanze partecipative e ad argomentare in maniera più circostanziata le proprie decisioni.
In questo senso il Laboratorio Napoli “Per una Costituente dei beni comuni” prevede sedici consulte divise per macro-aree che si interfacciano con i singoli assessorati attraverso il ruolo dei facilitatori.

Ma tu guarda, veramente, il caso… anche noi abbiamo nel programma il sistema delle consulte.

Un altro esempio di partecipazione, disegnato per la consultazione di un grande numero di cittadini, è il referendum on line che, preceduto dalla necessaria dispensa di informazione bi-partisan, può portare alle decisioni in tempi rapidissimi.

Anche voi?

Un altro ancora viene chiamato “Party” (partecipazione attiva riunendo tavoli interagenti). E’ un metodo ispirato a due fra i più diffusi (Town meeting e Open Space Technology), che permette di discutere e decidere insieme sia su questioni locali che nazionali. Un’assemblea, ad esempio, viene divisa in tavoli di dieci-quindici persone ciascuno. I/le partecipanti, che possono non conoscersi affatto, affrontano i temi a loro sottoposti. Per ogni tavolo si sceglie una persona per facilitare il dibattito, un’altra per prendere appunti. Dopo una lunga e informata discussione in un arco di tempo prestabilito, ogni tavolo cerca di esprimere nel report un’opinione collettiva che può anche comprendere proposte diverse. Alla fine, una sintesi di tutto il lavoro svolto viene presentato alla plenaria. L’interazione tra chi partecipa ai tavoli e la possibilità di essere praticata a costi contenuti e con un uso ottimale delle tecnologie informatiche, costituiscono un pregio particolare di questo tipo di democrazia partecipativa.

Tutta roba che si conosce bene, bellezza…

(…) Una serie di regole semplici e condivise che in questi anni sono diventate patrimonio comune determineranno il comportamento del nuovo soggetto nelle istituzioni e fuori di esse. Adozione di un codice etico e dunque politico nella ricerca e accettazione dei finanziamenti,

Cioè? Noi non abbiamo bisogno di un codice etico e dunque politico nella ricerca e accettazione dei finanziamenti. Semplicemente, non vogliamo rimborsi elettorai (ex finanziamenti pubblici).

rifiuto della gestione clientelare di risorse e consulenze,

Il minimo…

primarie per la selezione dei candidati o assemblee partecipate nei piccoli comuni, limiti e vincoli di mandato,

Cioè? Qualche proposta concreta?

rotazione negli incarichi di direzione, trasparenza nell’uso delle risorse. La vita interna del nuovo soggetto si baserà anch’essa su alcune semplici regole di base: prendere le decisioni ricercando in modo prioritario il massimo consenso possibile; quando occorre procedere al voto con il sistema “una testa un voto”,

Lo diciamo da anni: “ognuno vale uno”. Allora abbiamo ragione! Perchè non votate noi?

(…) Quattro nodi radicali e di rottura per un soggetto politico nuovo e una proposta

  • Si rompe con il modello novecentesco del partito, introducendo nuove regole e pratiche: trasparenza non segretezza, semplicità non burocrazia, potere distribuito non accentrato, servizio non carrierismo, eguaglianza di genere non enclave maschili, direzione e coordinamento collettivo e a rotazione, non di singoli individui carismatici.
  • Si rompe con questo modello neo liberista europeo che vuole privatizzare a tutti i costi, che non ha alcuna cultura dell’eguaglianza, che minaccia a morte lo stato sociale, la dignità e sicurezza del lavoro. Si insiste invece sulla centralità dei beni comuni, la loro inalienabilità, la loro gestione democratica e partecipata.
  • Si rompe con la visione ristretta della politica, tutta concentrata sul parlamento e i partiti. Si lavora invece per un nuovo spazio pubblico allargato, dove la democrazia rappresentativa e quella partecipata lavorano insieme, dove la società civile e i bisogni dei cittadini sono accolti e rispettati.
  • Si riconosce l’importanza della sfera dei comportamenti e delle passioni, rompendo con le pratiche mai esplicitate ma sempre perseguite dal ceto politico attuale: la furbizia, la rivalità, la voglia di sopraffare, il mirare all’interesse personale. Al loro posto mettiamo l’inclusività, l’empatia, la mitezza coniugata con la fermezza.

Veramente? Noi lo affermiamo da anni.

COMMENTO FINALE (di Giacomo Del Bino)

Bello, bello.

Un Manifesto strappalacrime ben elaborato, con una buona dose di romanticismo e di retorica che fa battere il cuore forte forte.

Complimenti.

Peccato che su questi temi il M5S si stia battendo da quasi dieci anni, ormai. Non a parole, ma a fatti.

Perchè dovremmo votare qualcuno (un soggetto politico nuovo) che ha un programma simile a quello di chi già sta bene operando?

Ho volutamente tagliato alcune parti del manifesto (credo di aver fatto un servizio al testo), perchè francamente piene di un demagogico e retorico nulla.

Sappiate che qui fessi non ce ne sono.

Al di là delle parole, in concreto: rinunciano ai finanziamenti pubblici? Si tagliano stipendi o privilegi? Limitano i loro mandati? Sono tutti incensurati? Rimettono le loro dimissione nelle mani dei cittadini? Noi sì.

Oppure, in alternativa, cosa fanno per distinguersi dai partiti e dimostrare che sono realmente in buone fede?

Hanno un programma o sono solo intenti? Noi abbiamo un programma concreto.

La mia impressione è che si tratti ancora una volta del vecchio che avanza, rileccato a nuovo.

Mi par tanto il solito giochino del far finta di cambiar tutto affinchè nulla cambi.

Mi sbaglierò? Ai posteri l’ardua sentenza.

Le chiacchiere non fan farina, da queste parti.

Giacomo Del Bino, portavoce del M5S di Pistoia.